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AVMA 2003: demenza senile del gatto

Il 140mo meeting annuale dell’AVMA (American Veterinary Medical Association) – appena conclusosi (19-23 luglio 2003) a Denver (Colorado) - ha dato ampio spazio alle problematiche connesse al comportamento animale. In particolare, durante il meeting congiunto dell’AVSAB (American Veterinary Society of Animal Behavior) e dell’ACVB (American College of Veterinary Behaviorists), si è parlato di CDS (cognitive dysfunction syndrome) del gatto, quella “sindrome della disfunzione cognitiva”, sicuro indice di invecchiamento cerebrale patologico.
AVMA 2003: demenza senile del gatto

Sfogliando le pagine dei Proceedings del simposio di comportamento animale – organizzato congiuntamente da AVSAB e ACVB in seno alla rituale Convention annuale dell’AVMA – si può immediatamente apprezzare l’enorme mole di lavoro svolto in questo campo in soli due giorni congressuali. Una vera e propria ridda di interventi, poster, free communication e tavole rotonde, nel cui ambito esperti del settore (tra gli altri, Patrick Pageat e Karen Overall) si sono confrontati sulla gestione clinico-terapeutica dei più frequenti disturbi comportamentali che possono affliggere cani e gatti dall’età dello sviluppo fino alla vecchiaia.Riguardo ai disordini comportamentali correlati all’invecchiamento cerebrale patologico, si è dimostrata particolarmente interessante la relazione di Kelly Moffat e Gary Landsberg. I due noti comportamentalisti di scuola americana hanno, infatti, presentato i dati di prevalenza dei segni clinici associati a CDS in una popolazione campione di 154 gatti di età superiore agli 11 anni. “Dei 135 animali che rimanevano dopo aver escluso problemi di natura medica – scrivono – 48 (35%) manifestavano segni clinici sicuramente compatibili con diagnosi di disfunzione cognitiva.” E la natura di questi segni clinici? “Al primo posto – continuano i comportamentalisti americani – figurano le alterazioni del comportamento sociale, che compaiono nel 28% dei gatti di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Per contro, nei soggetti più anziani (età > 15 anni), prevalgono (50%) le turbe del ritmo sonno-veglia, più o meno costantemente accompagnate da vocalizzazioni notturne. C’è anche da dire che, statisticamente, i gatti più vecchi presentavano più segni clinici di disfunzione cognitiva rispetto ai soggetti di età leggermente inferiore” L’indagine di Moffat e Landsberg è andata ancora più a fondo. “L’esame istopatologico del cervello di cinque gatti deceduti ha rivelato la marcata formazione di placche di proteina b-amiloide, un’alterazione che, pur tenendo conto delle indubbie differenze, accomuna la neurodegenerazione senile dei felini a quella dell’uomo.”