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BOA: conferme dagli USA

Uno studio epidemiologico su vasta scala della Purdue University (Indiana, USA) conferma il legame tra razza e suscettibilità a specifiche malattie ortopediche dello sviluppo (DOD, Developmental Orthopedic Disease). Indubbiamente, si tratta di una conferma di grande rilievo per quell'"approccio orientato alla razza", meglio conosciuto con l'acronimo BOA (Breed-oriented approach), che, già nel 2001, il prof. Carlo Maria Mortellaro aveva inquadrato come ausilio diagnostico essenziale in Ortopedia Veterinaria.
BOA: conferme dagli USA

Per gli “addetti ai lavori”, il BOA non è una novità: nel cane, la razza può, di per sé, rappresentare un importante criterio orientativo nella diagnosi di una determinata malattia ortopedica. Certo è che la corposa indagine epidemiologica condotta alla Purdue University dal gruppo di Elizabeth LaFond ne sancisce in modo veramente definitivo l’importanza, decretando l’esistenza di una “suscettibilità di razza” nei confronti delle DOD. “Nell’arco di dieci anni (1986-1995) – scrive la ricercatrice nell’articolo pubblicato sul Journal of the American Animal Hospital Association – abbiamo raccolto informazioni su 300.122 nuovi casi clinici, di cui il 27% (81.131) riguardanti disordini muscoloscheletrici e l’8% (24.373) con diagnosi di una delle 12 DOD prescelte per l’inclusione nello studio: displasia dell’anca, osteopatia craniomandibolare, frammentazione del processo coronoideo, osteodistrofia ipertrofica, malattia di Legg-Calvé-Perthes, osteocondrosi del gomito, della spalla, del garretto e del tarso, panosteite, lussazione della rotula, non unione del processo anconeo.” Importanti i dati ottenuti, in termini di:
– frequenza di diagnosi di DOD (dai 35 casi di osteopatia craniomandibolare ai 10.637 casi di displasia dell’anca);
– numero di razze ad elevato rischio di DOD (dall’unica razza – il WHWT – per l’osteopatia craniomandibolare, alle 35 razze predisposte alla displasia dell’anca).
“I vantaggi – conclude Elizabeth LaFond – di conoscere quali razze di cane siano a maggior rischio di DOD sono evidenti. Per il medico veterinario, che da questa conoscenza può trarre valido aiuto nella diagnosi differenziale delle malattie muscoloscheletriche che affliggono soggetti in giovane età. Ma anche per l’allevatore, chiamato ad avere maggiore attenzione per quelle razze predisposte ad artropatie su base genetica e, per ciò stesso, maggiormente suscettibili agli effetti che l’ambiente può avere sullo sviluppo scheletrico.”
La pubblicazione è disponibile in versione cartacea richiedendola a: cedis@innovet.it