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Aliamidi su Wounds

Le ricerche effettuate congiuntamente dal Royal Veterinary College di Londra e dal Dipartimento di Anatomia Patologica Veterinaria dell’Università di Pisa avevano già portato alla dimostrazione dell’efficacia riepitelizzante dell’aliamide Adelmidrol nelle ferite aperte del cane. Queste stesse ricerche avevano anche messo a confronto la sensibilità di due diversi metodi ultrasonografici ad alta risoluzione nella valutazione della riparazione delle aree lese, dopo applicazione topica dell’aliamide. I risultati di tale valutazione sono ora pubblicati sulla rivista “Wounds”.
Aliamidi su Wounds

“La valutazione della reale diminuzione di volume di una ferita nel tempo rappresenta una vera e propria sfida: vuoi perché le metodiche abitualmente utilizzate forniscono solo informazioni di superficie; vuoi perché l’aspetto esterno ragguaglia solo sui dettagli macroscopici; vuoi perché l’istologia passa, giocoforza, per il prelievo bioptico e, dunque, per la creazione di una nuova ferita che altera quella pre-esistente. Oggi abbiamo a disposizione l’ultrasonografia ad alta risoluzione (HSU, High-resolution ultrasonography) che permette di indagare, in modo assolutamente non invasivo, la morfometria delle ferite e la loro velocità di riparazione.”
Le parole sono di Sarah Cockbill del “Surgical Dressings Research Unit” di Cardiff, autrice dell’editoriale che, nel fascicolo di maggio 2005 di “Wounds”, precede l’articolo firmato congiuntamente dal gruppo di David Lloyd del Royal Veterinary College di Londra, da Francesca Abramo dell’Università di Pisa e dalle note specialiste in Dermatologia Chiara Noli e Silvia Auxilia.
Il modello sperimentale di ferita è quello che già Francesca Abramo aveva spiegato in dettaglio a Vienna – in occasione del quinto congresso mondiale di Dermatologia Veterinaria (World Congress of Veterinary Dermatology, WCVD 5, 25-28 agosto 2004) – e che aveva portato alla dimostrazione dell’effetto di modulazione sulla funzionalità dei mastociti cutanei da parte dell’aliamide Adelmidrol, quando applicata localmente alle soluzioni di continuo.
“In tale modello– spiegano gli autori dell’articolo – abbiamo utilizzato l’HRU mettendo a confronto due metodiche di misurazione…Nella prima, l’area della ferita veniva calcolata in base al confronto tra i diametri rilevati in superficie ed in profondità…La seconda si basava, invece, sul numero di punti (pixel) rilevati entro la circonferenza della ferita.”
“Pur essendo entrambi i metodi utili indicatori delle modifiche morfometriche cui, nel tempo, vanno incontro le ferite – si legge nelle conclusioni – l’impiego dei pixel ha rivelato anche differenze minime nelle aree delle ferite valutate in tempi successivi e, per questo, è metodo da considerarsi più accurato e sensibile.”

Articolo disponibile su richiesta a cedis@innovet.it