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Malattia parodontale: prevenire è meglio

Colin Harvey - noto specialista in Odontoiatria Veterinaria dell’altrettanto famosa UPenn (Università della Pennsylvania) di Philadelphia – ha partecipato alla TNAVC (The North American Veterinary Conference) svoltasi di recente (8-12 gennaio 2005) ad Orlando (Florida), con una relazione sulla malattia parodontale del cane e del gatto, inquadrata sia da un punto di vista clinico che come modalità di approccio. Imperativo categorico: prevenire! Prevenire l’accumulo di placca e tartaro, prevenire gli effetti dei cosiddetti “periodontopatogeni”, prevenire l’eccesso di reattività infiammatoria, prevenire o correggere fattori aggravanti sistemici (es. diabete, stress).
Malattia parodontale: prevenire è meglio

“La malattia parodontale è la malattia di più comune riscontro nei cani e nei gatti e viene solitamente distinta in due condizioni cliniche: la gengivite reversibile e la periodontite, vale a dire la progressiva distruzione dei tessuti di sostegno del dente fino ad arrivare alla sua definitiva caduta.” Così inizia l’abstract di Colin Harvey pubblicato nei Proceedings della TNAVC 2005. Dopo una breve descrizione anatomica delle strutture periodontali, Harvey si addentra nella spiegazione dell’eziologia prevalentemente batterica della malattia parodontale:“ La bocca è un ambiente aperto, umido, caldo, particolarmente predisposto all’accumulo di più di 500 varietà di specie batteriche (es. anaerobi, spirochete, Porphyromonas) che, se non quotidianamente rimosse, finiscono per organizzarsi in un biofilm sempre più solido e complesso, conosciuto come placca.” Harvey paragona molto pittorescamente la placca ad un villaggio abitato da insidiosi “periodontopatogeni” che si moltiplicano a dismisura fino a costituire una florida città microbica, destinata ad inglobare anche i vicini abitati.
La prevenzione. Harvey la considera strumento essenziale per controllare la malattia parodontale e ne traccia i cinque cardini d’intervento: 1) prevenzione della placca; 2) prevenzione del tartaro; 3) controllo dell’iper-reattività infiammatoria; 4) correzione dei fattori sistemici (es. diabete, stress) che possono aggravare la flogosi periodontale; 5) riduzione della gravità degli effetti dei batteri patogeni, magari rimpiazzandoli con non-patogeni (“Good bug displacing bad bug”).

Abstract congressuale disponibile su richiesta a cedis@innovet.it