Facebook Linkedin Instagram
A member of the Swedencare family
Swedencare

Neurodegenerazione senile: gatto e uomo a confronto

Il gruppo di neurofisiologi e medici veterinari canadesi ed americani, che già aveva pubblicato importanti ricerche sulla neurodegenerazione senile nel cane, si concentra ora sul gatto. Nell’ultimo fascicolo di “Neurobiology of Aging”, Elizabeth Head e coll. analizzano le caratteristiche neuropatologiche del cervello di sei gatti anziani portatori di “sindrome della disfunzione cognitiva” (CDS, cognitive dysfunction syndrome), comparandole a quelle riscontrate nell’uomo affetto da malattia di Alzheimer (AD). Risultato: molte somiglianze, sia biochimiche che morfologiche.
Neurodegenerazione senile: gatto e uomo a confronto

L’articolo è una vera miniera di informazioni, sia cliniche che istopatologiche. Cliniche, innanzitutto. La casistica si deve a due noti comportamentalisti d’oltreoceano – Gary Landsberg e Kelly Moffat – che hanno incluso nello studio sei gatti di età compresa tra 16 e 21 anni e che, avvalendosi di un questionario comportamentale adattato all’animale anziano, ne hanno diagnosticato la disfunzione cognitiva età-dipendente.
Puntuali indagini immuno-cito-chimiche e spettroscopiche sono state, poi, eseguite dai ricercatori dell’”Institute for brain aging and dementia” di Irvine (California) sul cervello degli animali, eutanasizzati per cause organiche di diversa natura. Lo scopo? Caratterizzare le alterazioni neurodegenerative del gatto anziano, correlarle alla presenza ed alla gravità dei deficit cognitivi e, non ultimo, paragonarle a quelle tipiche del cervello umano affetto da AD.
“In cinque dei sei gatti inclusi nello studio – scrive il gruppo di Elizabeth Head – abbiamo trovato proteina beta-amiloide, presente diffusamente nelle aree cerebrali analizzate e, a volte, strettamente associata ai vasi sanguigni cerebrali…Data l’esiguità degli animali analizzati, non siamo, però, in grado di stabilire una correlazione tra l’entità dei depositi di amiloide e la gravità dei segni di disfunzione cognitiva presenti.”
“Non c’è dubbio – concludono gli Autori – che, come nell’uomo, anche nel gatto anziano l’accumulo di beta-amiloide accompagna l’invecchiamento patologico: quello, cioè, legato alla comparsa di disordini comportamentali e cognitivi e, dunque, dei segni e sintomi ad essi associati: dalle alterazioni sociali, al disorientamento, alle variazioni del ritmo sonno-veglia, alla diminuita responsività a stimoli di varia natura, ai disturbi eliminatori.”

Articolo disponibile su richiesta a cedis@innovet.it