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Una giornata contro l’artrite

Troppo poca l’attenzione - soprattutto in termini di investimento in ricerca – che l’Unione Europea riserva a quelle malattie muscolo-scheletriche, artrosi compresa, che, solo in Europa, colpiscono 8,2 milioni di persone. È questo l’allarme che SIR (Società Italiana di Reumatologia) ed EULAR (European League Against Rheumatism) hanno lanciato a Roma l’1 marzo 2005, in occasione del “National Awareness Day Alliance against arthritis”: la giornata di mobilitazione dedicata in tutta Europa alla divulgazione di dati aggiornati sulle malattie di pertinenza reumatologica.
Una giornata contro l’artrite

Pensiamo all’Italia. Più di 4 milioni di persone soffrono di artrosi, 5 milioni sono affetti da osteoporosi, 500mila da artrite reumatoide ed altre artriti croniche, 50mila da qualche tipo di connettivite come la sclerodermia o il lupus. Insomma, le malattie reumatiche sono un vero e proprio problema di salute pubblica. Basti pensare che solo per l’artrosi la spesa annua per paziente è di 2170 euro: 934 per costi diretti, terapia, ospedalizzazione, diagnostica, 1235 per costi indiretti, per lo più determinati dalla perdita di produttività lavorativa. E non è tutto: le malattie reumatiche sono la seconda causa, dopo le malattie cardiovascolari, di richiesta di visita medica nei centri ospedalieri. “Una ricerca olandese – ha sottolineato Stefano Bombardieri, presidente della SIR – pubblicata sul Journal of Clinical Epidemiology ha evidenziato come le malattie muscolo-scheletriche figurino tra le patologie che generano le peggiori condizioni di vita per il paziente.”
Eppure, i fondi che l’Unione Europea (UE) destina per le ricerche in questo ambito bio-medico, in Italia come nel resto d’Europa, sono assolutamente insufficienti. Per l’UE, tali patologie non rientrano, infatti, tra le “major diseases” cui devolvere, al pari di malattie cardiovascolari o respiratorie, i fondi comunitari di ricerca. Tutt’altro discorso, invece, negli USA, dove proprio pochi giorni fa è stato stanziato un budget annuale pari a 590 milioni di dollari per finanziare la ricerca su queste malattie.
Una rotta, quella europea, che va invertita, hanno concluso gli esperti EULAR, altrimenti si rischia di perdere la possibilità di partecipare attivamente a progetti di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci che, oltre a curare chi soffre di queste malattie, potrebbero costituire nei prossimi anni un introito non indifferente alle nazioni UE. E gli strumenti perché ciò avvenga ci sono già. Primo tra tutti, il BJD 2000-2010: quella “decade dell’osso e dell’articolazione” – fortemente voluta da ONU e OMS ed a cui ha aderito anche IOVA (Innovet Osteoarthritis Veterinary Association) – nata proprio per studiare nuove strategie di controllo e di prevenzione di queste malattie altamente invalidanti non solo dal punto di vista sanitario, ma anche sociale ed economico.