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Luci e ombre della cannabis veterinaria

Capiamo da un’esperta di dolore animale le potenzialità terapeutiche della cannabis, ma anche le tante controversie che generano confusione e false speranze su questo argomento.
Luci e ombre della cannabis veterinaria

Quello della Cannabis è uno dei filoni più promettenti e insieme più dibattuti di questi ultimi anni. Chi vi si affaccia – sia esso impegnato nella ricerca, nella clinica o nel settore aziendale – dovrebbe farlo con onestà, competenza e senza pregiudizi. […] Solo una reale padronanza dell’argomento ci consentirà, infatti, di effettuare scelte consapevoli a favore della salute animale.”

 

Così Giorgia della Rocca, direttore scientifico del CeSDA (Centro di Studi sul dolore animale) e fondatrice del gruppo di studio SCIVAC di algologia (Algovet), scrive in una bella rassegna sulla cannabis terapeutica pubblicata sul numero di novembre di Professione Veterinaria.

 

Un excursus dettagliato che, con l’obiettivo di fare chiarezza nel dedalo intricato dei cannabinoidi, l’esperta algologa concentra in sette domande essenziali.

 

A cominciare dal chiedersi cosa sono i cannabinoidi, e aiutare il lettore a distinguere tra le quattro principali classi di endocannabinoidi, fitocannabinoidi (di cui il CBD, cannabidiolo, è il più indagato), cannabinoidi sintetici e composti cannabimimetici come le aliamidi e il loro capostipite PEA.

 

Per poi concentrarsi sulla differenza tra canapa e cannabis e interrogarsi su cos’è l’olio di canapa, cosa contiene realmente, e quali sono le differenze tra olio di CBD e olio galenico di CBD.

 

L’olio di canapa – si legge su “Professione” – quello ottenuto per spremitura a freddo dei relativi semi, ha un contenuto di fitocannabinoidi (es. THC, CBD) virtualmente nullo e la possibilità di rilevarne tracce è dovuta all’accidentale contaminazione degli organi floreali. […] L’olio di CBD deriva dall’arricchimento dell’olio di semi di canapa con CBD puro […] “,e deve rispondere a specifici requisiti di sicurezza, procedure estrattive e norme regolatorie.

 

In sostanza, “la confusione terminologica, i vuoti normativi e le criticità quali-quantitative non aiutano noi veterinari ad avvicinarci con leggerezza all’uso della cannabis per i nostri pazienti, devono piuttosto servirci da stimolo per approfondire sempre di più le nostre conoscenze in questo dedalo così poliedrico.” 

 

Della Rocca G. La cannabis e il suo impiego in medicina veterinaria. Professione Veterinaria 2018; 35: 3-4