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Traumi agli arti: salvare o amputare?

Di fronte a gravi traumi a carico degli arti, la scelta terapeutica tra conservare ed amputare la zona lesa è sempre molto difficile ed è vincolata alla valutazione di numerosi fattori, clinici e non. Nella rivista "In Practice", si discutono le linee guida di un piano terapeutico, basato sull'attenta valutazione delle caratteristiche del trauma e sulle necessità specifiche del paziente e del proprietario.
Traumi agli arti: salvare o amputare?

Malcolm Ness – specialista in Chirurgia Ortopedica dei Piccoli Animali presso la Croft Veterinary Clinic di NewCastle – è l’autore di un utile ed interessante vademecum, pubblicato nel numero di giugno di In Practice, rivista ufficiale della BVA (British Veterinary Association) ed incentrato sulle scelte terapeutiche da adottare in caso di gravi traumi localizzati agli arti. “I traumi acrali di una certa entità – spiega il chirurgo – sono sostanzialmente classificabili in tre gruppi: 1) le gravi fratture “comminute”; 2) le cosiddette shearing injuries, estese ferite da abrasione a carico del carpo e/o del tarso, accompagnate da grave perdita dei tessuti molli; 3) le fratture comminute aperte a carico di tibia/fibula, con un danno significativo dei sottostanti tessuti molli.” Fermo restando che la decisione di salvare o amputare un arto è sempre difficile, Ness identifica alcuni fattori determinanti nel scegliere l’opzione terapeutica più opportuna: a) l’eventuale perdita di vascolarizzazione e/o innervazione, che costituisce “indicazione assoluta per l’amputazione”; b) la presenza di danni concomitanti; c) l’abilità tecnica del professionista; d) le risorse economiche e la disponibilità del proprietario; e) l’analisi costo-beneficio; f) le caratteristiche del soggetto, ad esempio tenendo conto che “uno Yorkshire a vita sedentaria, e magari anziano, potrà sopportare un’eventuale amputazione meglio di un Pastore tedesco, abituato ad uno stile di vita attivo.”
Particolarmente utile la griglia terapeutica proposta da Ness: dalla valutazione clinica completa del paziente e dell’arto interessato, alle cure di “primo soccorso”, alle misure per limitare il danno. Tra queste, l’applicazione di fissatori esterni – utili non solo a stabilizzare l’articolazione, ma anche a creare le condizioni ottimali per la rigenerazione del flusso sanguigno e la riparazione della lesione – ed un opportuno trattamento della ferita, basato sull’utilizzo di bendaggi non aderenti “ideali per garantire un ambiente ad umidità ottimale e favorire la cicatrizzazione tramite la formazione di un adeguato tessuto di granulazione.”

Ness M, 2002, Decision making in the management of severe limb trauma, In practice, 24(6): 302-309