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Ultrasuoni per studiare le ferite

Biomicroscopia ad ultrasuoni. Questo il nome della tecnica di imaging ad alta risoluzione, presentata alla recente NAVC (The North American Veterinary Conference, Orlando, 18-22 gennaio 2003) dal gruppo del Royal Veterinary College di Londra, capeggiato da David Lloyd. Obiettivo: dimostrare la validità di applicazione di questa metodica per monitorare la riparazione delle ferite cutanee nel cane e testare l’efficacia di specifici agenti topici, impiegati per ottimizzare il decorso cicatriziale.
Ultrasuoni per studiare le ferite

Dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, la biomicroscopia ad ultrasuoni – una particolare tecnica che sfrutta ultrasuoni con frequenza superiore ai 15 Mhz per ottenere immagini dei tessuti a risoluzione microscopica – ha fatto passi da gigante. Utilizzata da tempo in Medicina umana (soprattutto in campo oculistico, quale metodo di elezione per visualizzare la camera anteriore dell’occhio), oggi compare in Medicina Veterinaria come tecnica per monitorare le fasi riparative delle ferite cutanee, nonché per valutare l’efficacia di determinate sostanze che, applicate localmente, si prefiggono di ottimizzarne il decorso. A presentare la nuova applicazione della biomicroscopia ad ultrasuoni durante il meeting satellite “Advances in Veterinary Wound Management” della NAVC 2003, è stato proprio David Lloyd, Direttore della Ricerca Clinica al Royal Veterinary College di Londra, nonché Presidente della VWHA (Veterinary Wound Healing Association). “Si tratta – scrivono Lloyd e Mantis nei Proceedings congressuali – di una metodica assolutamente indolore, non invasiva e non irritante, comportando unicamente l’applicazione superficiale di una sonda ad ultrasuoni, che non arreca alcun danno alla cute. In cambio, si ottengono, in tempi veramente rapidi, ottime immagini digitali, che consentono di studiare a fondo le lesioni, rilevandone importanti caratteristiche come lo stato della rete vasale, la presenza di essudato, il grado di rigenerazione del collagene e la formazione della cicatrice.” Non solo, ma la biomicroscopia ad ultrasuoni si sta rivelando sempre più importante anche come strumento per seguire l’evoluzione temporale dei processi riparativi. “Ora – scrivono i ricercatori – stiamo usando questa tecnica per analizzare la velocità ed il modo con cui cicatrizzano le ferite cutanee nel cane. Stiamo anche osservando gli effetti sui processi cicatriziali di particolari topici, che agiscono da autacoidi [NdR: sostanze prodotte dall’organismo e dotate di attività farmacologica], in grado di regolare l’attività di una cellula primariamente chiamata in causa nella dinamica della riparazione: il mastocita.” E i risultati? Così affermano i ricercatori: “Siamo ancora in fase preliminare. È, comunque, fuor di dubbio che la biomicroscopia ad ultrasuoni si è già rivelata una tecnica molto valida per analizzare la cute del cane e differenziarne le singole componenti coinvolte nel processo riparativo.”