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Combinazione per l’artrosi

Porta il titolo “Approccio medico combinato all’artrosi del cane” l’ultimo articolo di Carlo Maria Mortellaro – professore di Patologia Chirurgica Veterinaria presso il Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie dell’Università di Milano – ed Alda Miolo del CeDIS (Centro di Documentazione e Informazione Scientifica) di Innovet. Pubblicato nel numero di agosto 2004 di “Veterinaria”, l’articolo fornisce un sintetico, quanto dettagliato, excursus dei principali interventi conservativi, farmacologici e non, da attuare in sapiente e ragionata combinazione per controllare cause, meccanismi e sintomi dell’artrosi.
Combinazione per l’artrosi

“Sino a non molto tempo fa, la maggior parte degli sforzi nel campo della terapia dell’artrosi del cane era concentrata nelle misure più efficaci per ridurre il dolore…Negli ultimi anni, grazie alle conoscenze eziopatogenetiche più approfondite, la Medicina Veterinaria si è andato orientando verso l’adozione di un trattamento definito “di combinazione”, capace, cioè – tramite più interventi tra loro diversi, ma ad effetto sinergico, se attuati in maniera contemporanea o sequenziale, di agire su tre obiettivi principali: 1) le cause primarie della degenerazione artrosica; 2) i meccanismi patogenetici che ne rappresentano il substrato biologico; 3) i sintomi, solitamente legati alle fasi più avanzate della malattia.” Fin dall’introduzione, gli Autori entrano nel vivo del problema, delineando quella che oggi viene unanimemente considerata la carta vincente per vincere l’artrosi: la combinazione di interventi o, per usare le parole degli stessi Autori, “quel trattamento medico multimodale basato sull’insieme di misure conservative…opportunamente associate – sia tra loro che con le opzioni chirurgiche – in rapporto all’età ed al tipo di vita dell’animale, nonché alla valutazione del quadro clinico e della gravità dell’artrosi in atto.”
Ma, quali, nel dettaglio, queste misure mediche da combinare tra loro? Gli Autori iniziano con la descrizione degli interventi non farmacologici. Il controllo dietetico, innanzitutto, seguito dalla descrizione di un programma di “low impact exercise” (“brevi esercizi intervallati da periodi di riposo…al fine di minimizzare gli stress articolari, ma…preservare la necessaria mobilità delle articolazioni.”) e dei diversi metodi – fisici e manuali – di riabilitazione fisioterapica.A seguire la terapia farmacologia per l’artrosi, suddivisa in due capitoli: quello dei trattamenti “pain-oriented” (FANS, per intenderci) “impiegati nella riduzione della sintomatologia algica ed infiammatoria”. E quello della terapia “di fondo” o “disease-oriented”, basata sull’utilizzo di sostanze capaci di controllare l’evoluzione artrosica tramite un’azione diretta sui meccanismi patogenetici sottostanti. Gli autori presentano una classificazione dei principali “farmaci di fondo”: da quelli che – come condroitinsolfato a basso peso molecolare (NSCS 5/20) e glucosamina – agiscono riequilibrando il metabolismo cartilagineo; alle cosiddette “sostanze adiuvanti” (es. quercetina), dotate di attività antiossidante ed antinfiammatoria, oltre che antidegenerativa.
“Oggi – scrivono Mortellaro e Miolo nelle conclusioni dell’articolo – non è più lecito pensare ad una monoterapia per l’artrosi…Solo controllando in modo adeguato e simultaneo cause, meccanismi e sintomi della degenerazione articolare, si minimizza il rischio di inefficacia terapeutica o, peggio ancora, di aggravamento della malattia…”.
Articolo disponibile in PDFhttp://www.evsrl.it/vet.journal/archivio/archivio_pdf/2004/3…