FANS e Alzheimer: ultime evidenze
Il loro razionale d’uso in questo campo poggiava sull’efficacia antinfiammatoria e sulla capacità di inibire la proteina beta-amiloide, quest’ultima direttamente implicata nella morte neuronale in corso di demenza di tipo Alzheimer. Ebbene, le ricerche del Dipartimento di Neurologia della Stanford University (California) provano l’esatto contrario di quegli studi che risalgono al 2001.
“Alcuni FANS – si legge nell’editoriale che, nel numero di maggio 2005 di “Nature Medicine”, precede l’articolo – aumentano la produzione di beta-amiloide, inibendo l’enzima, di provenienza neuronale, che ne inattiva il precursore.”
E i FANS nel “mirino” delle indagini sono ancora una volta i COX-2 selettivi, celecoxib in particolare. “Somministrato per tre giorni al topo – si legge nell’articolo – il celecoxib raddoppia i livelli di amiloide, differenziandosi, dunque, nettamente da altri FANS, in particolare non selettivi, che avrebbero azione opposta.”
Nuove ombre si stanno, dunque, accumulando sugli antinfiammatori/analgesici cosiddetti “di nuova generazione”. Oltre ai rischi di natura cardiovascolare, pare proprio che questi farmaci “possano influenzare la patogenesi stessa della malattia di Alzheimer” e, per giunta, “secondo vie assolutamente indipendenti da quelle che permettono loro di agire da antinfiammatori.”
La riflessione che si può trarre da queste ultime evidenze è sicuramente quella della parsimonia ed oculatezza d’utilizzo dei FANS, alla luce della consapevolezza che, a fronte dei benefici effetti analgesici ed antinfiammatori, esiste un vero e proprio ventaglio di effetti collaterali che non risparmia nemmeno i più promettenti COX-2 selettivi.