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Artrosi … malgrado la chirurgia

“The European Journal of Companion Animal Practice” (EJCAP) - rivista ufficiale della FECAVA (Federation of the European Companion Animal Veterinary Association) – pubblica, nel fascicolo di ottobre 2006, uno studio retrospettivo mirato a valutare la progressione di artrosi secondaria a displasia dell’anca dopo intervento di TPO (Triple Pelvic Osteotomy). I risultati parlano chiaro: dopo un anno, si evidenziavano chiari segni radiografici di artrosi, indipendentemente dal ricorso o meno alla stabilizzazione chirurgica dell’anca.
Artrosi … malgrado la chirurgia

Lo studio retrospettivo monocentrico è stato realizzato in Costa Azzurra (Ollioules), con lo scopo di valutare gli effetti che l’intervento di TPO sulla displasia dell’anca poteva avere nei confronti della comparsa a lungo termine di degenerazione artrosica. “41 – scrivono Chancrin e Dembour nell’articolo di EJCAP – sono stati gli animali inclusi in questo studio, di cui 23 sottoposti a TPO unilaterale e 18 a stabilizzazione bilaterale, per un totale di 59 anche operate…L’artrosi è stata valutata radiograficamente prima e dopo la chirurgia e, successivamente, a distanza di un anno dall’intervento.”
“Dal confronto – si legge nei risultati – tra anche operate e non, è risultato che tutte le articolazioni andavano incontro ad artrosi, indipendentemente dall’esser state stabilizzate o meno…In sostanza, se la chirurgia aveva dimostrato beneficio nel recupero funzionale a breve termine, a nulla era valsa nei confronti di un’evoluzione degenerativa a lungo termine.”
“Perché l’artrosi si sviluppa dopo TPO?” In discussione, gli Autori si rivolgono questa domanda e danno due possibili risposte. “È molto probabile – dicono – che, all’epoca in cui la TPO viene solitamente eseguita, i fenomeni artrosici abbiano già preso il via…In secondo luogo, la TPO stessa potrebbe modificare l’orientamento delle zone di contatto articolare ed avviare, in tal modo, la risposta locale degenerativa, a dispetto della riduzione della lassità dell’articolazione.”
Possibili soluzioni? “La diagnosi precoce – suggeriscono Chancrin e Dembour – in modo da attuare la chirurgia prima che si inneschi l’artrosi…oppure modificazioni della tecnica chirurgica, al fine di minimizzare le variazioni anatomiche che essa induce a carico dell’anca.”
Dal canto nostro, suggeriamo, anche alla luce di risultati già ottenuti, una terza soluzione. Quella, cioè, della combinazione di interventi conservativi, da affiancare alla chirurgia per potenziarne gli indubbi benefici: dieta, controllo dell’attività fisica, farmaci sintomatici e nutraceutici “di fondo”, come condroprotettori ed antiossidanti.