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I limiti dell’EBM

La “review sistematica” è uno degli strumenti cardine della Medicina basata sulle evidenze. Attenzione, però, a conoscerne limiti ed inganni. Lo afferma “American Journal of Gastroenterology”
I limiti dell’EBM

Nella “red section” della rivista, un gruppo di ricercatori dell’”Health Science Centre” di Hamilton (Ontario, Canada) si prende la briga di esaminare gli aspetti positivi e negativi della “systematic review”. Vale a dire, quello strumento di revisione sistematica della letteratura scientifica, che consente di basare le proprie decisioni, diagnostiche e terapeutiche, sulla valutazione critica dei risultati medici finora raggiunti e pubblicati. In altre parole, uno strumento indispensabile per chi si accosta a quella che oggi viene considerata una delle metodologie più promettenti nella soluzione dei problemi clinici: la Medicina basata sulle evidenze (Evidence-based medicine, EBM).
Tuttavia, ci dicono i ricercatori canadesi, l’atteggiamento vincente è quello della criticità: capire, cioè, il “buono” che possiamo sicuramente trarre dallo studio delle “systematic review”, ma filtrarlo attraverso la lente del “brutto” e del “cattivo”, prendendo le distanze dai limiti e dagli inganni che possono inficiarne gli indubbi vantaggi.
Il buono. Sicuramente, la capacità di queste revisioni di fornire una valutazione globale delle questioni rilevanti dal punto di vista clinico e, dunque, la possibilità di velocizzare la diagnosi e la scelta delle più opportune terapie.
Il cattivo. Gli errori, innanzitutto, che possono essere insiti negli studi di partenza delle revisioni sistematiche e che si trascinano appresso il cosiddetto fenomeno del GIGO (“garbage in, garbage out”), tale per cui “se in una metanalisi butti dentro spazzatura, non può che uscire spazzatura”, ancorchè nobilitata e rivestita dalla metodologia statistica.
Ed infine il brutto. Il fatto, ad esempio, che le metanalisi possano essere viziate da errori sistematici (bias), usate impropriamente, oppure ancora che la revisione sistematica non sia in grado di rispondere a problemi rilevanti da un punto di vista pratico, focalizzandosi solo su uno scenario clinico assolutamente ristretto.
Insomma, l’invito è alla cautela: prendiamo ciò che sicuramente di buono può derivare dalla razionalizzazione della letteratura, ma ricordiamoci sempre di aggiustare questi dati in base all’esperienza professionale e, soprattutto, al paziente che si ha di fronte.