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Artrosi: non solo cartilagine

L’osso subcondrale e, soprattutto, i prodotti molecolari derivanti dal suo metabolismo (citochine pro-infiammatorie e fattori di crescita) giocano un ruolo patogenetico di assoluto primo piano nell’artrosi. A supportare tale affermazione, le ricerche del gruppo di Jean Pierre Pelletier, uno dei più importanti studiosi di Biologia Molecolare applicata alla Reumatologia e Direttore dell’”Unité de recherche en Arthrose” del Policlinico Universitario di Montreal (Canada).
Artrosi: non solo cartilagine

Fino ad ora relegato al posto di “spettatore innocente e passivo”, oggi l’osso subcondrale viene completamente rivisitato dai Reumatologi canadesi come “attore principale” nell’ambito dei complessi circuiti molecolari di danno che si attivano e si autoamplificano in corso di artrosi. “Le evidenze più recenti – scrive il gruppo di Pelletier nell’articolo pubblicato sulla rivista Modern Rheumatology – indicano chiaramente che l’osso subcondrale ha un ruolo chiave non solo nella progressione, ma anche nell’iniziazione dell’involuzione degenerativa articolare.”La domanda sorge spontanea: in che modo? “È certo – ribadisce Pelletier – che dall’osso subcondrale si libera un gran numero di mediatori pro-infiammatori, come citochine (es. IL-1, IL-6) e fattori di crescita (es. IGF, TGF).” Insinuandosi in canali e spaccature – che assai precocemente compromettono la continuità della sottile linea di demarcazione (tidemark) esistente tra osso e cartilagine – tali mediatori migrano dal comparto subcondrale al soprastante ambiente cartilagineo, accelerandone la degenerazione, per potenziamento delle reazioni a valenza catabolica ed inibizione di quelle a carattere sintetico-riparativo.L’evidenza è sicuramente importante. Unita alle precedenti – che avevano dimostrato il ruolo di un’aumentata densità e compattezza ossea (sclerosi) nella genesi delle lesioni cartilaginee – sembra decretare il definitivo tramonto del ruolo di “guest star” della cartilagine nella genesi dell’artrosi. A favore, peraltro, di una globalità di coinvolgimento di tutti i tessuti del microcomparto articolare e della conseguente necessità di spostare il target terapeutico dal semplice riequilibrio della condrodegenerazione ad un controllo di tutti i meccanismi “di fondo” implicati nel danno artrosico.