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Cushing: attenti all’artrosi

I cani affetti da iperadrenocorticismo (sindrome di Cushing) soffrono di artrosi pluriarticolare, che si manifesta all’inizio delle terapie ed è resistente ai FANS. Se ne è parlato alla SEVC (Southern European Veterinary Conference).
Cushing: attenti all’artrosi

Non ci sono pubblicazioni specifiche in letteratura ma, a detta di Duncan Lascelles, noto studioso del dolore nei piccoli animali, è un riscontro clinico molto comune: i cani affetti da iperadrenocorticismo (sindrome di Cushing) vanno incontro ad una forma di grave artrosi poliarticolare, verosimilmente causata dagli effetti condrolesivi degli alti livelli circolanti di corticosteroidi, e dall’instabilità secondaria alla lassità legamentosa e muscolare, tipica del Cushing.
E la situazione non migliora con la terapia: anzi. In occasione della SEVC 2008 (Barcellona, 17-19 ottobre), Lascelles ha ribadito che l’artrosi secondaria a questa frequente endocrinopatia può peggiorare proprio in coincidenza dell’inizio delle terapie, tanto da rendersi necessario allertare i proprietari sul possibile rischio di recrudescenza del dolore artrosico.
La situazione è ancora più complicata dal fatto che, in tali condizioni, i più comuni analgesici – i FANS, per intenderci – non sono da usare: sia per i pesanti effetti collaterali, amplificati dagli elevati livelli di glucocorticoidi, e sia perché, molte volte, il dolore artrosico di questi pazienti non è responsivo agli anti-infiammatori non steroidei.
Che fare, dunque, per l’artrosi di un cane portatore di Cushing che, tra l’altro, non è potenzialmente in grado di reggere una chirurgia articolare, per la predisposizione alle infezioni e/o alle complicanze tromboemboliche? È lo stesso Lascelles ad individuare una via analgesica “alternativa”. Fatta, cioè, di quella combinazione di interventi che, nel loro insieme, sono in grado di contenere il dolore articolare: il controllo del peso; la fisioterapia riabilitativa; le modifiche ambientali; i nutraceutici condroprotettori (glucosamina e condroitin solfato) che, nel lungo termine, si rivelano utili, oltre che nel recupero strutturale dell’articolazione lesa, anche nel controllo dei sintomi conclamati.