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Swedencare

Demenza senile allo SCIVAC 2005

Il comportamentalista belga Joel Dehasse è stato uno dei relatori principali della sessione specialistica sui “disordini comportamentali del cane anziano”, organizzata dalla SISCA (Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate), in occasione del 50° congresso nazionale SCIVAC (Rimini, 27-29 maggio 2005). Tema di una delle più seguite relazioni congressuali: la demenza senile, che Dehasse ha inquadrato nell’ambito di una più generale ed uniforme classificazione dei deficit cognitivi di cani e gatti anziani.
Demenza senile allo SCIVAC 2005

Sindrome della disfunzione cognitiva, depressione da involuzione, sindrome confusionale. Dehasse aveva già espresso in Australia, durante il quarto IVBM (International Veterinary Behavior Meeting, Caloundra, 18-20 agosto 2003), la proposta di accorpare queste diverse terminologie diagnostiche usate per descrivere la demenza senile del cane e del gatto sotto la classificazione standardizzata di “disordini da compromissione cognitiva generalizzata”.
A distanza di due anni, Dehasse ne ribadisce la necessità. Perché? “Essenzialmente – ha affermato il comportamentalista durante la sessione SISCA – per aiutare gli esperti a parlare dello stesso disordine servendosi delle stesse definizioni e della stessa denominazione.”
Accantonate le diatribe terminologiche, Dehasse ha elencato i principali segni clinici obiettivi, indispensabili a fare diagnosi precoce di demenza senile: disorientamento spazio-temporale, deterioramento delle abitudini e delle capacità di routine, compromissione della memoria e delle interazioni sociali. “A fini diagnostici – ha precisato – si possono evidenziare anche numerosi segni accessori o complementari: dalla comparsa di stati confusionali e/o di movimenti ripetitivi o stereotipati, a crisi di panico, a deterioramento della funzione degli sfinteri.”
“Esistono – ha, poi, proseguito il comportamentalista – differenti tipi di demenza senile: quelli ad insorgenza improvvisa e precoce o, altresì, lenta e tardiva; quelli accompagnati da umore depresso o, viceversa, produttivo; quelli secondari a malattie specifiche, come traumi, disordini neurologici, endocrinopatie.”
Mai come in situazioni cliniche così complesse e, soprattutto, di fronte ad una malattia che “più che da veri e propri segni clinici è caratterizzata da cambiamenti nelle abitudini comportamentali del cane e del gatto” pare, dunque, indispensabile abbracciare un’omogeneità terminologica. Ciò che sicuramente non muta mai è il meccanismo sottostante alla demenza senile di cani e gatti: in una parola, l’invecchiamento patologico del cervello e le alterazioni neurodegenerative ad esso correlate.

Abstract congressuale disponibile su richiesta a cedis@innovet.it