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Il linguaggio da bambini funziona solo con i cuccioli

Il modo con cui a volte ci rivolgiamo ai cani parlando loro come se fossero bambini attira solo i cuccioli e lascia indifferenti gli adulti.
Il linguaggio da bambini funziona solo con i cuccioli

Si chiama baby talk ed è quel particolare modo di rivolgerci ai nostri bambini, che molto spesso utilizziamo anche con i cani. Scandiamo le parole più lentamente, usiamo un tono di voce più alto e melodioso, intercaliamo i discorsi con locuzioni “bambinesche”. Il tutto per catturare l’attenzione dei nostri amici a quattro zampe, invitarli al gioco e, soprattutto, trasmettere loro la sensazione di essere amati e di appartenere totalmente alla famiglia “umana”.

 

A detta di un team internazionale di psico-etologi, il baby talk funziona però soltanto con i cuccioli. Abbiamo avuto la conferma – si legge nello studio pubblicato sui Proceedings of the Royal Society Bche tutte le persone tendono a trattare i cani come se fossero “cuccioli di uomo”. Tant’è che, guardando la foto di cani di qualsiasi età, tutti gli intervistati cambiavano modo di parlare, rendendolo più lento, musicale e, a tratti, altisonante… Ascoltando il baby talk, solo i cuccioli hanno però dimostrato di reagire in maniera evidente, abbaiando e correndo gioiosamente verso la fonte sonora. I cani adulti, invece, ascoltavano nella più totale indifferenza.

 

È probabile – si legge ancora – che l’assenza di reattività da parte del cane adulto sia da correlarsi alla minor propensione al gioco rispetto ai cuccioli. Non solo, ma il cane adulto potrebbe non dare peso alle espressioni sonore di sconosciuti e, magari, reagire in modo diverso alla voce del proprietario, specie se accompagnata anche da una gestualità di rinforzo.”

 

Resta ancora da scoprire se la particolare reattività dei cuccioli al linguaggio “bambinesco” dei loro proprietari sia innata o appresa nel tempo.

 

 

Ben-Aderet T, Gallego-Abenza M, Reby D, Mathevon N. Dog-directed speech: why do we use it and do dogs pay attention to it? Proceedings of the Royal Society B 2017; 284: 20162429