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La TPLO non arresta l’artrosi

“Journal of Small Animal Practice” pubblica, nel fascicolo di dicembre 2006, uno studio prospettico mirato a valutare il possibile effetto “disease-modifying” della TPLO (Tibial Plateau Levelling Osteotomy) sull’artrosi secondaria a rottura spontanea del legamento crociato anteriore (LCA). La valutazione di specifici marker sinoviali di condrodegenerazione parla chiaro: questa tecnica ricostruttiva d’avanguardia non è in grado di influenzare la progressione dell’artrosi.
La TPLO non arresta l’artrosi

L’articolo porta la firma del gruppo di ortopedici dell’Università di Liverpool coordinati da John Innes ed è un’ulteriore conferma che la chirurgia ricostruttiva per le rotture legamentose del ginocchio non controlla l’evoluzione artrosica. L’argomento era già stato affrontato al II congresso mondiale di Ortopedia Veterinaria (Keystone, 25 febbraio- 4 marzo 2006), quando alcuni chirurghi di Tokyo avevano dimostrato l’inefficienza della TPLO nel controllare alcuni marker di artrosi, sia a significato infiammatorio (IL-1, TNF) che degenerativo (metalloproteasi).
“Abbiamo selezionato – scrive il gruppo di Innes – 41 cani con rottura spontanea di LCA ed abbiamo misurato la concentrazione sinoviale di specifici marker di artrosi, sia prima di sottoporli a TPLO che rispettivamente sei settimane e sei mesi dopo la chirurgia.” I marker prescelti erano quelli indicativi di esagerato turnover della matrice cartilaginea: glicosaminoglicani (GAG), epitopi del cheratan solfato e COMP (Cartilage Oligomeric Matrix Protein), una proteina non collagenica, la cui concentrazione sinoviale va di pari passo ad un’aumentata distruzione cartilaginea.
“La TPLO – si legge nei “risultati” – non influenza significativamente nessuno dei marker considerati…a riprova dell’incapacità di questa tecnica chirurgica di riequilibrare il metabolismo cartilagineo e,così facendo, di arrestare la progressione dell’artrosi.”
Pare, dunque, sempre più evidente che la sola chirurgia, anche se d’avanguardia, non è certo risolutiva per l’artrosi. Accanto al suo utilizzo, indispensabile per contrastare le cause artritogene e stabilizzare l’articolazione, vale l’adozione di un mix di misure conservative che ne esaltino gli indubbi benefici ed agiscano specificatamente sull’evoluzione artrosica dell’articolazione: controllo del peso e dell’attività fisica, farmaci sintomatici e nutraceutici ad attività “disease-modifying”, come condroprotettori ed antiossidanti.